Salvino Boscolo. Verso il cielo. Immersioni.
Salvino Boscolo. Acque: eloquenti silenzi.

Salvino Boscolo
Verso il cielo. Immersioni.
In occasione del settantesimo compleanno del maestro, la Galleria Flaviostocco è lieta di proporre la mostra:Salvino Boscolo. Verso il cielo. Immersioni.
Da tempo. nelle sue opere, superando ogni passivo mimetismo, Salvino Boscolo invita i fruitori a una esperienza appropriata non solo delle nozioni e dati informativi, ma altresì dei mezzi, degli strumenti e delle modalità che cooperano a realizzare la ricchezza dell’immagine.
È la pittura, con il suo universo di scelte, di significati e di possibilità a consentire all’opera di costituirsi come autonomo frutto di un sempre rinnovato confronto tra gli innumerevoli stimoli offerti dal reale e l’azione demiurgica della soggettività creatrice dell’artista.
Sono tali prerogative infatti, a consentire alle emozioni, alle sensazioni, ai pensieri e alle idee di concentrarsi e di sciogliersi, di ristrutturarsi, di decantarsi e di prendere forma in un sempre nuovo organismo, in sempre nuovi accordi in cui profondità e superficie, sostanza ed esteriorità si fanno comunicanti, in un processo di continua osmosi.
Dopo aver preso spunto dall’ambiente a lui ben noto del fiume Sile, con le sue polle, le sue nascoste risorgive, il suo fluire silenzioso tra le rive folte di radici, di tronchi, di vecchie ceppaie, in un continuo a fondersi e avvicendarsi di sensazioni, stimoli percettivi sempre diversi, ricchi di segreti impulsi simbolici, Salvino, nelle sue opere più recenti è venuto approfondendo le sue indagini sullo scorrere del tempo e sulle molteplici eventualità del vivere,
Sono così venute alla luce le sue “Spiagge”: vaste illimiti distese nelle quali fanno la loro apparizione sconosciute presenze e vanno delineandosi misteriosi percorsi, indecifrabili direzionalità, sentieri imprevedibilmente interrotti.
Non si deve tuttavia ritenere che la pittura di Salvino risulti appagata da riferimenti al solo mondo della natura, non meno importante, e comunque inscindibilmente connesso, è infatti per lui l’impegno culturale e civile.
Profondamente colpito dalle terribili, reiterate notizie delle devastazioni di monumenti, di opere d’arte e di testimonianze storiche che purtroppo continuano a giungere da diverse parti del mondo, eccolo allora dar vita al significativo ciclo de “La bellezza violata”: dipinti caratterizzati come da misteriose scissioni e deflagrazioni di splendidi eloquenti esempi di creatività, ormai perduti per sempre.
Non si tratta tuttavia di attribuire solo ad altri la colpa di queste devastazioni, il male è infatti tra noi, dove va prendendo sempre più piede una pervasiva svalutazione della conoscenza, della salvaguardia e valorizzazione del patrimonio artistico e in particolare delle risorse e delle modalità espressive proprie agli straordinari universi del disegno, della grafica e della pittura, se non addirittura, più in generale, va ormai imponendosi un vero e proprio disprezzo per ogni aspirazione a una formazione culturale vasta, multiforme e criticamente sedimentata.
L’opera forse di maggior impegno della presente occasione espositiva è un’originale omaggio di Salvino a una splendida tela di Giovan Battista Tiepolo: “La virtù e la nobiltà vincono l’ignoranza”, eseguita tra il 1744 e il 1755 per la decorazione di Palazzo Barbarigo a Santa Maria Zobenigo a Venezia e ora conservata nel Museo di Ca’Rezzonico.
Nel raffinato equilibrio della composizione, nella varietà della gamma cromatica, nella fragranza della materia pittorica, oltre che per i significativi contenuti simbolici, la libera reinterpretazione di Salvino si configura, nello stesso tempo, come una esplicita dichiarazione della sua volontà e del suo desiderio di rifarsi alla grande tradizione della pittura veneta, alle sue capacità di incorporare luce, spazio e colore in sempre nuove immagini aeree, aperte, dilatate ed effusive, nelle quali poter immergere i nostri sensi e il nostro animo: tutte caratteristiche che riconfluiranno variamente nel nuovo ciclo di opere “Verso il cielo”, nelle quali Salvino, tramite uno smaliziato uso delle stesure e delle superfici cromatiche e un sempre più sottile e abile impiego delle velature e dello sfumato sembra aprirsi ad una ancor più consapevole fiducia nelle capacità comunicative del dipingere, in grado, nonostante tutto, di farci ancora intravedere sempre nuove possibili occasioni di serenità di gioia.
Dino Marangon
Salvino Boscolo
Acque: eloquenti silenzi

E’ abbastanza inusuale, di questi tempi, imbattersi in una pittura dichiaratamente di sensazione, frutto cioè del fatto che l’artista, immergendosi nel reale, cerchi di rendere in immagine quanto è venuto percependo attraverso i sensi.
Questo anche perché, contrariamente a quanto si può solitamente ritenere, per fruire delle ricchezze di una tale pittura è necessaria, infatti, una preparazione che, purtroppo, a causa della crisi dell’educazione e della formazione, difficilmente risulta disponibile, o, comunque, appare poco diffusa.
Si tratta infatti di un’esperienza di relazione, intesa come un processo complesso e articolato, ben differente dal mero riscontro di dati privi di caratterizzazione e qualità, o dalla pura e semplice informazione.
Ha scritto infatti Richard Wolheim, uno tra i più accreditati esponenti nel campo della Filosofia Analitica dell’Arte, che, pur sapendo che molti non prenderanno sul serio le sue affermazioni, “…i trompe l’oeil non sono rappresentazioni, ma i più astratti dei dipinti …”, proprio perché, almeno programmaticamente, in essi appaiono cancellati i concreti e positivi apporti – sia del pittore che dei riguardanti – alla vita e agli sviluppi dell’immagine.
Nelle sue opere, rifuggendo da ogni passivo mimetismo, Salvino Boscolo invita invece i fruitori ad un’esperienza appropriata, non solo dei dati informativi, ma dei mezzi, degli strumenti, delle modalità attraverso cui questi vengono resi capaci di produrre la ricchezza dell’immagine.
A ispirarlo, nelle sue opere più recenti, è, soprattutto, l’a lui ben noto ambiente del fiume Sile, con le sue acque silenziose, le sue azzurre polle, le sue nascoste risorgive, il suo fluire tra le rive folte di radici, di fusti e tronchi d’albero, i suoi percorsi tra il verde dei cespugli e delle piante, dei campi più o meno coltivati.
E’ questo complesso cosmos, in continua metamorfosi, nel sempre rinnovato e mutevole contatto del pervasivo flusso vitale delle acque con la terra, l’aria, il cielo, nel caleidoscopico vibrare delle luci e dei colori, a costituire il fulcro attorno al quale verrà concentrandosi l’indagine del pittore.
E’ infatti tramite questo universo, insieme familiare e sempre sorprendente e meraviglioso, che egli viene accostandosi, con grande duttilità e perspicacia, all’evento del mondo, inteso come l’orizzonte all’interno del quale tutto ciò che accade trova la propria momentanea determinatezza, tuttavia implicante sempre nuove e talora imprevedibili potenzialità.
Per cogliere tutto questo, il pittore si avvale dei fecondi apporti della percezione che rendono estremamente vive, ravvicinate, dirette le molteplici componenti del reale, contribuendo nel contempo a caratterizzare e a costituire il soggetto che le accoglie.
Ben lungi da qualsiasi depauperata generalizzazione, dal dominio di fossilizzate nozioni, dall’imposizione di tramandati e dogmatici apriorismi, la visione si apre allora alla multiformità degli enti, alle loro infinite relazioni, alle circostanze e alle eventualità più diverse, eliminando altresì ogni traccia di quel senso di alterità e contrapposisizione, di quel disprezzo per le cose e per i dati della natura che talora si celano in tante insospettabili immagini, riflessioni e narrazioni.
E’ la cristallina limpidezza, la penetrabile fluidità, la dolce freschezza delle acque a suscitare l’esperienza del dipingere, la quale, a sua volta, attraverso il proprio universo di scelte, di significati, di possibilità, consente al pittore di non rimanere schiavo della limitatezza e della brutalità dei fatti.
Ecco allora l’opera costituirsi come autonomo frutto di un sempre rinnovato confronto tra gli innumerevoli stimoli offerti dal reale e l’azione demiurgica della soggettività creatrice del pittore, tale da consentire alle emozioni, alle sensazioni, ai pensieri e alle idee di concentrarsi e di sciogliersi, di strutturarsi, di decantarsi e di prendere forma in un sempre nuovo organismo, in sempre nuovi accordi in cui profondità e superficie, sostanza ed esteriorità si fanno comunicanti, in un processo di continua osmosi.
Nel vasto ciclo dei dipinti ispirati agli ambienti del Sile, c’è sempre una sorta di piano di rispecchiamento al quale viene incardinandosi la visione.
Ecco che allora, al di là della loro specifica consistenza materiale, i diversi enti, nel trasformarsi in immagine, sembrano come conferire una particolare leggerezza ai propri mutevoli aspetti che paiono come danzare al di sopra e al di sotto di questo limite ideale, in un continuo rifrangersi di riverberi e trasparenze, mentre i colori, depurandosi da ogni fenomenica immediatezza, da ogni stridente ansia di imporsi sulla superficie, dialogano in modo calmo, ma preciso, facendo emergere una vibrante tensione a una sempre più vasta e pervasiva armonia.
Perfettamente costituita in questo sensibile plasma la serena sostanza della propria pittura, Salvino Boscolo può allora declinarlo in sempre nuove formulazioni.
Talvolta il soffuso fermentare delle luci e dei colori pare riprodurre il fecondo pullulare di una limpida Risorgiva.
In altri casi, l’obiettivo pare avvicinarsi fino ad entrare nell’intrico inestricabile delle Forme, ma basta una più decantata scansione dei piani e delle zone cromatico-luminose, ad evocare il lento pulsare della vita, Lungo il fiume.
L’improvviso gioco dei raggi solari può altresì suscitare l’effusione di ariosi Riflessi sull’acqua, mentre il sublimarsi quasi dei colori in acuti biancori, può ricordare il fulgore abbacinante delle Luci del giorno, tuttavia basta il lieve abbassarsi dei toni, in contrasto con improvvisi coaguli luminosi a cogliere i sommessi bagliori di segrete Luci serotine, poco prima che affiori il mistero di più oscuri Notturni.
Ma l’inattesa accensione di un rosa può anche, sorprendentemente, evocare l’attesa e i profumi della Primavera.
In ogni caso, la visione, tanto più si inoltra nell’animo di chi guarda, quanto più l’immagine è appena un soffio, quando la superficie sembra appena sfiorata dalla composizione, quanto più è protagonista la libera chiarezza della superficie:
Per Boscolo infatti, la pagina bianca non è mai fonte d’angoscia, bensì positiva virtualità, perfezione di sintesi luminosa.
Una tale capacità di liberazione da ogni limitante costrizione e da ogni superfluo vincolo esteriore (una difficile meta, frutto anche di una perfetta conoscenza delle varie tecniche, dei materiali e dei supporti: dalle carte alla tela, dalla grafite al pastello, alle chine, dai colori ad olio agli acquarelli, agli acrilici, talora sperimentati in sempre nuove, ma sapienti mescolanze) unitamente alla concentrazione sulla limpidezza, la permeabilità, la freschezza e fluidità delle acque, qualità intese non come pure e semplici attributi fisici, bensì quali sempre nuove dimensioni di indagine e di significato, finisce con l’accentuare i coefficienti simbolici dell’immagine.
L’universo equoreo può apparire allora come fertile sorgente di vita, come avvolgente elemento femminile, sensuale e materno, come fonte archetipa, concepita quale inafferrabile icona dell’anima, origine della vita interiore e di ogni energia spirituale.
Il sempre differente fluire del fiume, il germinante intridersi e irrorarsi delle sue sponde, il continuo mescolarsi dei suoi umori, il sempre nuovo ricomporsi delle sue correnti, delle sue pause, delle sue stagnazioni sembrano altresì corrispondere alla consapevolezza di una sempre rinnovata possibilità universale, in un continuo confondersi, trasformarsi e riemergere delle forme, o, in maniera ancora più intima e toccante, paiono rammentare l’imprevedibile scorrere dell’esistenza umana, con il suo tumultuoso o segreto succedersi di desideri, di sentimenti, di volontà e intenzioni, nel continuo variare dei loro intrecci, delle commistioni, degli accordi e degli scontri.
Talora una sottile vena elegiaca sembra permeare le trepidanti pitture di Salvino Boscolo, frutto forse di una insinuante nostalgia per un mondo rispettoso della natura, dei suoi ritmi, dei suoi equilibri, di tempi in cui anche le metamorfosi più profonde e radicali apparivano pacificamente ricomprese in un, alla fine, organico e armonico ciclo universale, al di là di ogni fastidioso rumore, di ogni stordente confusione.
Più forte si fa allora l’attesa di una rinnovata catarsi, il desiderio di purificazione e di rigenerazione.
Ritornano allora alla mente le sacre esortazioni di Esiodo: “ Non attraversate mai le acque dei fiumi dal corso eterno prima di aver pronunziato una preghiera, gli occhi fissi sulle loro magnifiche correnti, prima di aver bagnato le vostre mani nell’onda piacevole e limpida. Chi oltrepassa un fiume senza purificare le mani dal male di cui esse sono macchiate, attira su di sé la collera degli dei, che gli inviano in seguito, terribili punizioni.”
Dino Marangon